Poesie in Musica
La poesia prende vita in musica 🎶📖
La poesia è sempre stata musica dell’anima, un intreccio di parole e ritmo capace di evocare emozioni profonde. In questa sezione, abbiamo voluto rendere omaggio ai più grandi poeti italiani trasformando i loro versi in vere e proprie canzoni, grazie alla combinazione tra arte e tecnologia.
Grazie all’intelligenza artificiale di Suno.com, i versi immortali di Leopardi, Dante Alighieri, Montale e altri trovano una nuova dimensione sonora, mantenendo intatta la loro bellezza e il loro significato. Non c’è alcun intento dissacratorio in questa iniziativa: al contrario, il nostro desiderio è quello di avvicinare il pubblico alla poesia in modo originale, facendo scoprire – o riscoprire – la potenza evocativa dei grandi classici attraverso la musica.
Lasciatevi trasportare dall’armonia delle parole e dalle melodie che le accompagnano: la poesia non è mai stata così vicina. 🎵✨
Testo
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Testo
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Testo
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo.
I tuoi occhi saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Testo
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova;
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima
Testo
Ti ho amato bugiarda,
ti ho amato sincera,
ti ho amato
spigolosa
e viziosa,
accondiscendente
e superba.
ti ho amato senza essere amato
ti ho amato senza chiedere
ti ho amato quando mi amavi
e non avresti voluto più scendere
o quando mi dicevi basta.
ti ho amato
per quel che eri,
per quel che volevi essere
Ora invece
per tutte queste cose,
donna:
ti Amo.
Testo
Tornasti, o primavera
E l’erbe verdi e i fiori
E i giovanili amori
Tornarono con te.
E il mio felice stato,
Teco una volta nato,
Col dolce tuo rinascere
Tornò più dolce a me.
Su la nativa spina
Aspetta già la rosa
Che l’alba rugiadosa
Tempri il suo bel color.
Son nati i bei giacinti,
Gli anemoni dipinti,
Le mammole, i ranuncoli
E ogn’altro amabil fior.
Già pria dell’altre frutta
Spuntò su la collina
La verde mandolina
Sollecita a fiorir;
E la cerasa anch’ella,
Che fiorì dopo quella,
Già la sua veste pallida
Comincia a colorir.
Con queste prime fronde,
Con questi primi fiori,
Nacque, vezzosa Dori,
Il nostro fido amor;
E non fu già qual fiore
Che nato appena, muore;
Né il sol che lo fe’ sorgere
Fe’ perdergli il vigor.
Sull’erbe già fiorite
Il praticel ne aspetta
Presso la collinetta
Con quella fonte al piè:
Vieni; più bel riposo
Del tufo tuo muscoso,
Che le circonda il margine,
Nel nostro suol non v’è.
Vedremo lunge intorno
E il pallido terreno
Perché recise in seno
Le stoppie vi restar;
E in seminati solchi,
Speranza de’ bifolchi,
Della maese giovine
Le foglie verdeggiar.
Vedrem quai riposati
Campi l’aratro fende;
E il vomero che splende
Sovra il lavor che fa:
Sì le gramigne ingrate
Ucciderà la state;
E più nudrita e prodiga
La messe crescerà.
Or dal varcato mare
Appena si riposa
La quaglia numerosa,
Che accendesi d’amor;
Fiutando il can da lunge
La siegue, la raggiunge,
E con la zampa in aria
Fa cenno al cacciator.
Udremo l’usignuolo
Con l’altro che risponde
All’ombra delle fronde
Un bel concento far;
E la prontissim’Eco,
Vigile nel suo speco,
Delle lor note flebili
L’estreme replicar.
De i geli dell’inverno
A compensarne il danno,
Ringiovenisce l’anno,
Torna ogni bel piacer;
Ma oh quanto pochi sono,
Che tal celeste dono
Al par di noi conoscano
E il sappiano goder!
L’ambizione, il fasto,
L’avida brama avara
Non san che sia la cara
Campestre libertà.
L’error che tanti inganna,
Ha in odio umil capanna,
Ama le turbe ed abita
Le regge e le città.